LA CORTE DI APPELLO Alla pubblica udienza del 26 giugno 2008 ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 611/08 R.G. Corte di Appello, nei confronti di Bevilacqua Vincenzo e Lombardi Giuseppe, imputati dei reati di cui agli artt. 110, 629, primo e secondo comma c.p. ed altro, con recidiva reiterata e specifica per Lombardi e recidiva, reiterata, specifica ed infraquinquennale per Bevilacqua, entrambi condannati dal G.u.p. del Tribunale di Foggia, con sentenza n. 559/07 del 13 dicembre 2007, in concorso della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6 c.p., equivalente alla contestata aggravante ed alla recidiva, operata la diminuente per il rito, alla pena di anni cinque, mesi quattro di reclusione ed € 900,00 di multa, Bevilacqua ed alla pena di anni 4, mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed € 600,00 di multa, Lombardi; Vista l'eccezione di legittimita' costituzionale, sollevata dalla difesa degli imputati ed alla quale ha aderito la Procura generale, per contrasto delle norme di cui agli artt. 69, quarto comma, 99, quinto comma, 81, sesto comma c.p. con gli artt. 3, 27 e 111 della Costituzione; Rilevata la manifesta infondatezza del denunciato contrasto con l'art. 3 della Carta fondamentale, che tutela parita' di trattamento in situazioni omologhe, non riscontrabile tra l'ipotesi di recidiva contemplata nel quinto comma dell'art. 99 c.p. e le ulteriori; Rilevato che per analoga ragione non e' ravvisabile alcun contrasto dell'art. 69, sesto comma, ne' dell'art. 81, quarto comma c.p. riguardo alla citato norma costituzionale; Rilevato, altresi', la manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalita' degli artt. 69, quarto comma, 99, quinto comma e 81, quarto comma c.p. in riferimento all'art. 111 della Costituzione, non ravvisandosi violazione dei principi che regolano il giusto processo; Rilevato, per contro, che il denunciato contrasto delle predette norme del codice penale con l'art. 27 della Costituzione non appare manifestamente infondato, sia pure per ragioni diverse da quelle prospettate, giacche' gli automatismi previsti in tema di recidiva reiterata specifica nel quinquennio in termini di determinazione della pena, privando il giudice della facolta' di adeguamento del trattamento sanzionatorio alla verifica ed alla individuazione dell'effettiva gravita' del reato commesso, facolta' questa ontologica all'esercizio stesso della giurisdizione, si riverbera necessariamente nella determinazione del trattamento penale adeguato al singolo caso criminoso; Rilevato di conseguenza che tale mancato adeguamento, in concreto, si traduce nella lesione della finalita' rieducativi, cui deve tendere l'irrogazione della pena; Rilevato che l'esigenza di conservare il potere valutativo del Giudice in ordine alla congruita' della pena e' stata gia' avvertita dalla Corte Costituzionale con riferimento alla finalita' ed ai limiti di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione con sentenza n. 313 del 26 giugno 1990, nel pronunciare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 444, secondo comma, c.p.p. nella sua originaria formulazione, laddove la disposizione prevedeva che il giudice doveva attenersi alla pena, cosi' come indicata dalle parti, senza poterne valutare la congruita'; Rilevata l'incidenza della questione di incostituzionalita' prospettata sulla decisione del caso che occupa, avendo gli imputati investito con il loro gravame anche l'eccessivita' della pena irrogata, in applicazione dei rigidi automatismi previsti dagli artt. 69, quarto comma e 99, quinto comma, e 81, quarto comma, c.p.